domenica 11 ottobre 2015

Per il ciclo recensioni librose: "Memorie di un ratto" di A. Zaniewski


Recensione time.
Mentre le melanzane friggono e le lasagne della domenica ribollono in forno, eccomi qui a parlarvi di Memorie di un ratto, di A. Zaniewski, uno scrittore polacco che ha condotto studi sui ratti per anni prima di poter scrivere questo romanzo, inedito in Polonia ma uscito in Italia con Longanesi qualche anno fa.


Ci sono parecchi aspetti positivi in questo romanzo: bello stile, scattante e scorrevole, buona terminologia; si nota la mole di studio che c'è dietro alle singole scene e il lavoro incessante del narratore per cercare di nascondersi dentro la pelliccia ispida del ratto protagonista, senza nome ma animato da una sete di sangue e una fame indicibili dall'inizio alla fine del romanzo. Alcuni potranno storcere il naso, ma a me è piaciuta tanto la commistione fra i vari registri della narrazione: lo scrittore parla per la maggior parte del tempo in prima persona singolare e al presente, per poi passare senza nessun preavviso alla seconda persona singolare (tu scappi, ti stanno inseguendo ecc.), che personalmente trovo affascinantissima e molto coinvolgente; purtroppo è quasi sconosciuta nel panorama letterario moderno, il che è un peccato. Solo verso la fine, nelle ultime pagine, Zaniewski passa, ancora senza preavviso, alla terza persona oggettiva e al passato, solo per descrivere gli ultimi momenti della vita del ratto, gli attimi in cui cessa di esistere come organismo con istinti e desideri.
Interessantissimi i parallelismi, non esplicitati ma innegabili, fra la specie del ratto e quella umana: entrambe sono parassitarie, si muovono disordinatamente coprendo ora una femmina, ora l'altra, per assicurarsi la maggior prole e il maggior riconoscimento sociale possibile; entrambe scappano dai pericoli e sovrastano gli esseri più deboli. Entrambe sono in fuga, sempre: i ratti dagli umani e dagli altri ratti, gli umani dai ratti e dagli altri umani.

Quindi, ve lo consiglio?
Nì. Perché ci sono anche aspetti negativi.

Prima di tutto, non c'è una trama. In genere, ciò che manda avanti una narrazione è quella che, in gergo, si chiama Domanda Drammaturgica Principale. Vi faccio qualche esempio: mettiamo che la storia parli di un ragazzo e una ragazza che vogliono stare insieme ma le famiglie li dividono, chiamiamoli Ugo e Franca. La DDP potrebbe essere: ce la faranno Ugo e Franca a stare insieme, alla fine? Ovviamente questo è un esempio banale, ma è per farvi capire come funziona. Provate a porvi una DDP per ogni buon romanzo che avete letto: ne troverete sempre una. E' l'ossatura principale del romanzo, la sua spina dorsale, quella che vi tiene incollati alle pagine. Oppure, se non è un romanzo ben scritto, quella che vi porta a dire "va beh, devo resistere, voglio sapere come va a finire".
Qui non c'è nulla di tutto ciò. Il protagonista è un ratto e questa è la sua vita, punto. Giorno dopo giorno. Non c'è nulla che vi spingerà ad andare avanti, tranne la voglia di continuare a calarvi nei panni - ops, nella pelliccia - di questo antieroe, costantemente alle prese con gli orrori e le crudezze di una vita violenta, aggressiva e famelica. Inevitabilmente, questo potrebbe portarvi ad annoiarvi: belle le prime cinquanta pagine, le prime cento... poi, basta. Cioè, un po' va bene, ma se il libro avesse avuto 50-70 pagine in meno non se ne sarebbe sentita la mancanza, almeno secondo me.
A tratti, specialmente verso la fine, è fin troppo onirico, quasi incomprensibile. E' qui che, secondo me, la bravura di Zaniewski è venuta un po' meno, sfilacciandosi in un susseguirsi di immagini  e flash insensati che non riescono a coinvolgere un granché il lettore. Ma sono gusti personali.
A parte questo, il libro è sicuramente interessante, non per la trama quanto per lo studio che c'è dietro e per la curiosità di vivere qualche giorno come un ratto, oltre che per qualche scelta stilistica e di registro su cui riflettere.

Che altro dire? Auguro a questo autore di trovare quanto prima un editore anche in Polonia, secondo me con un po' di editing e tagliando qualche decina di pagine il libro potrebbe diventare davvero un best seller, o perlomeno un volume di riferimento nel suo particolarissimo, squittente genere.

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