venerdì 18 maggio 2018

The Junkie Quatrain (Gli infetti di Baugh) - Peter Clines



"Sei mesi prima il mondo era finito."

Questo libro, edito dalla Casa Editrice indipendente Dunwich, di cui non smetterò mai di parlarvi strabene, ha avuto una storia travagliata, in casa mia. Prima di tutto, perché non è iniziata a casa mia. Ma andiamo con ordine.

Tutto iniziò un paio di anni fa, quando andai a trovare un'amica (ti prego, fa' che non stia leggendo, così non sarò costretta a restituirle questa figata) a Torino. Questa ragazza, che peraltro è una blogger assai famosa (stima e adorazione), ascoltò con pazienza tutte le mie lagne sul fatto che dopo La strada di McCarthy non trovavo più niente che mi soddisfacesse, per poi frugare nella sua libreria e tirare fuori questo titolo.
Questo ti piacerà, Aly. Vedrai.
Tu dici?
Provalo. Male che vada, me lo restituisci.
Il fatto è che io non lo provai. Non subito, almeno. Come ho già detto in questo post, dove vi ho parlato di un altro libro che mi è piaciuto un sacco sempre edito da Dunwich, io non sono il tipo che va a letto con un libro al primo appuntamento. Prima ho bisogno di lasciarmene sedurre, annusare l'odore delle sue pagine, addormentarmi guardandolo sul comodino mentre il desiderio, notte dopo notte, brucia fino a divorarmi.
Con The Junkie Quatrain - Gli infetti di Baugh di Peter Clines, però, non c'è stata alcuna seduzione, perlomeno all'inizio. Il che è assurdo, se si pensa che parla esattamente della mia passione, e cioè mondi postapocalittici e distrutti a causa di un'epidemia planetaria. Eppure, la scintilla non è scattata. Nada. Zero. Tutto moscio e morto fino alle radici.

Poi, un paio di giorni fa, questo libro - che mi ero totalmente dimenticata di possedere - è saltato fuori dall'armadio e, non so perché, aveva una luce completamente diversa. Forse si era rifatto la copertina; forse, la costa. Non saprei. Fatto sta che, questa volta, il suo aspetto mi ha conquistata al primo sguardo. E così, quella sera, ho iniziato a leggerlo.

Il libro parte con la frase che vi ho citato all'inizio: "Sei mesi prima il mondo era finito." Una volta letta quella, è chiaro, bisogna per forza andare alla seconda riga. E poi alla terza, alla quarta, alla quinta, perché Peter Clines, autore anche di altri grandi successi, come la saga Ex-heroes e il thriller/horror/mystery 14, vi renderà impossibile fermarvi, accompagnandovi pagina dopo pagina nel suo universo distopico, folle e popolato da esseri selvaggi: i sopravvissuti.
Sì, perché se gli infetti di Baugh sono effettivamente dei rabbiosi/zombie rivisti, un po' 28 giorni dopo, un po' The Walking Dead e giusto una spruzzata di Resident Evil, leggendo vi renderete conto che non sono loro i veri mostri che popolano la Terra dopo l'epidemia che sei mesi prima, dopo essere scoppiata in Cina per un caso - sembra - inspiegabile, è dilagata in India e poi in tutto il mondo, causando, solo negli Stati Uniti, qualcosa come novantadue milioni di morti.

Tutto ha inizio con il primo racconto della quartina (quatrain, appunto), in cui Holly, una donna magra, inselvatichita dalla solitudine e dall'aver perso tutti quelli che ama, si ritrova a fare i conti con branchi di tossici (junkies, in inglese; così sono stati definiti gli infetti, a causa del modo in cui biascicano e tremano, come se fossero in crisi di astinenza, per via degli effetti del virus) la conoscenza di Angie, anch'ella sopravvissuta all'epidemia. Ma ben presto Angie si rivela qualcosa di diverso da una ragazza dolce e dall'aspetto innocuo e burroso, così come Holly, la quale nasconde ben due segreti: uno, sotto le pieghe dei vestiti; l'altro, tra quelle del suo cuore.
Da qui, senza farvi troppi spoiler, la storia si interrompe per venire ripresa nel secondo e terzo racconto, in un modo che, da avida lettrice, ho trovato estremamente innovativo: nelle raccolte di racconti, infatti, in genere assistiamo o a tante storie separate che non dialogano tra loro ma condividono il genere letterario (tutti racconti horror, o fantascientifico, eccetera), oppure a delle storie che non si intrecciano, ma condividono il genere e l'ambientazione di fondo. E' il caso dei racconti di Asimov, ad esempio, come in Io, robot: l'ambientazione fantascientifica e la premessa (i robot e le tre leggi a cui devono obbedire) sono le stesse in tutti i racconti, che parlano però di personaggi diversi, che vivono in case differenti e hanno a che fare con robot ribelli che non si conoscono tra loro.

Qui, invece, assistiamo a una trama completamente diversa: il libro è trattato come se fosse un a raccolta di racconti, ma in realtà si tratta di un romanzo. Vi faccio un esempio per farvi capire meglio.
Nel primo racconto, le protagoniste sono Holly e Angie. Le due si ritrovano ad affrontare un branco di tossici, poi degli altri sopravvissuti, armati fino ai denti, che faranno loro determinate cose. Verso la fine, una delle due incontrerà un altro personaggio, di nome Sam, e il racconto si concluderà con un finale aperto. Fin qui, nulla di strano.

Ma il secondo racconto non proseguirà dal punto di vista di Sam, o di Holly, o di Angie, o di chiunque altro; ciò che avviene è un salto indietro nel tempo, un po' alla NCIS. Avete presente, quando gli sceneggiatori ci fanno vedere una scena futura con un brevissimo fotogramma in flash forward, e poi partono un po' più indietro nella storia fino ad arrivare al verificarsi di quella scena? Ecco, qui succede la stessa cosa.
Nel secondo racconto, i protagonisti sono gli altri sopravvissuti incontrati da Holly e Angie; per cui sì, vedremo il confronto fra loro e le due donne, ma la storia inizia un po' prima, quando il gruppo ancora non sapeva che avrebbe incontrato Holly e la sua compagna di viaggio lungo la strada. Non solo: il racconto prosegue dopo che il gruppo ha lasciato le due donne, raccontando il loro viaggio attraverso una Hollywood distrutta e il motivo per cui si stanno muovendo verso un certo edificio ai confini della città. Cosa succede in questo racconto? Beh, non ve lo dico, per evitarvi spoiler, ma una cosa posso spifferarvela: verso la fine, il gruppo viene aggredito da un altro personaggio ignoto, chiudendosi ancora con un finale aperto.
La terza storia farà la stessa cosa della seconda, ma da un punto di vista ancora più esterno: il protagonista sarà Sam, l'uomo incontrato da una delle due donne alla fine del primo racconto. Il suo plot inizia parecchie ore prima e, lasciate che ve lo dica, quello che gli succede è veramente, ma veramente fico. Perché qui si spiegano non solo i motivi che hanno scatenato l'epidemia, ma se ne conoscono anche i responsabili... fino a quando, dopo l'ennesimo finale aperto, non giungiamo al quarto racconto, dove il protagonista è, sempre partendo un po' indietro, l'aggressore del gruppo di sopravvissuti che abbiamo lasciato a Hollywood. Un altro assassino, come gli infetti. Un altro - e, forse, il peggiore - colpevole.

Spero che siate riusciti a seguirmi, perché, credetemi, questo libro è veramente una bomba. Di certo ci sono dei piccoli luoghi comuni, ma io sono dell'opinione che, nella letteratura di genere, degli elementi già visti - se ben trattati e descritti con un pizzico di originalità, che qui non manca - ci vogliano, per far sentire "a casa" il lettore e farlo calare nella storia con maggior comodità. Specialmente con una struttura così particolare, che però, ve lo posso assicurare, a leggerla non risulta affatto complessa, né fastidiosa o pesante. Anzi, i racconti filano che è un piacere, portandovi verso... un finale aperto? Un finale chiuso? Nessun finale?
Beh, non sarò certo io a dirvelo.
Ciò che posso fare è consigliarvi il libro a pieni voti. Per quanto riguarda me, ne sono rimasta così folgorata che, proprio ieri, ho acquistato anche 14,  al quale facevo la posta già da un po'. Dio, quanto non vedo l'ora di leggerlo.

Bene, e con questo, per oggi, è tutto. Fatemi sapere nei commenti se avete letto questo libro e se vi è piaciuto. Dal canto mio, ho già una mezza idea di rileggerlo. A pensarci bene, in fondo, forse la vera tossica - quella che trema e sbava già, in preda all'astinenza - sono io.


- Alice

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